Silvano Chiello, titolare dell’azienda Kilton, condivide con noi alcune riflessioni sullo stop della commercializzazione dei veicoli a benzina e diesel previsto per il 2035 come da direttiva Europea.
Una panoramica del mercato attuale dell’Automotive
Un dato molto utile da fornire al lettore è quello dell’occupazione europea del settore automobilistico che prevede 14 milioni di addetti, ovvero il 6,1% dell’occupazione europea totale.
Le stime future suggeriscono che l’occupazione calerà drasticamente a causa delle componentistiche interne dei veicoli elettrici, che essendo molto inferiori rispetto al motore endotermico determineranno una minore produzione industriale.
Focalizziamoci ora sui numeri delle auto circolanti in Europa.
Parliamo di 250 milioni di vetture delle quali solo 1,2 milioni elettriche, e il motivo di questo dislivello è sicuramente anche dato dal costo medio dell’auto elettrica, superiore ai 35.000€.
Le colonne di ricarica sono 300 mila in tutta Europa, ancora troppo esigue per le ottimistiche previsioni europee del 2035. Sempre parlando di ricarica, avviene ancora troppo lentamente: immaginatevi i tempi di attesa in una zona di sosta extraurbana dove 100 auto devono ricaricare l’auto, anche a fronte di sedici colonne anziché le solite otto postazioni autostradali per fare il pieno.
Ricaricare così tante auto sarà anche sinonimo di dover produrre o importare più energia.
Inoltre, l’uso del riscaldamento in inverno e del climatizzatore in estate riducono drasticamente le prestazioni e la durata della batteria. Parlando invece della batteria, la cui durata si stima attorno ai 5 / 8 anni al massimo, non c’è un sistema di recupero o di smaltimento che convenga utilizzare, e pertanto si rischia solo di creare altro inquinamento da “technological devices”, che nell’ottica green ha decisamente poco senso.
Come arriveremo a tutti questi cambiamenti sia pratici che di mentalità, in così poco tempo? In termini di innovazione industriale, dodici anni passano troppo rapidamente.
Auto elettrica: tutte le caratteristiche
Un altro interessante spunto sarebbe chiedere se avete mai guidato veramente un’auto elettrica.
Le prestazioni potrebbero non soddisfare le vostre aspettative. Di seguito vengono spiegate meglio le variabili da valutare.
I kilometraggi, l’impatto e la manutenzione delle auto elettriche
Il kilometraggio di autonomia delle auto elettriche è di difficile rilevazione, dato che le variabili da considerare sono molteplici. In altre parole non sono ancora disponibili dati certi sulla durata effettiva della batteria.
Quindi sarà facile prevedere possibili spegnimenti d’auto, perché gli utenti non sono riusciti a ricaricare le batterie in tempo, con forti ripercussioni sul traffico, viabilità e sicurezza.
Si dovrebbe anche pensare all’impatto delle milioni di colonnine che, tra chiese, monumenti e vie storiche millenarie, in poco tempo diventeranno un ammasso di ferro arrugginito.
Inoltre viene spontaneo chiedersi, sempre in riferimento alle colonnine, chi farà le manutenzioni necessarie e quali saranno nel dettaglio. Questo perché oggigiorno anche i più banali interventi manutentivi pubblici e/o privati, sia stradali che fognari o quant’altro, vengono meno. Ovviamente spero di sbagliarmi, ma tutto va parametrato a modi, tempi e metodi del nostro vivere quotidiano.
Chi può permettersi un’auto elettrica con gli stipendi attuali?
Un’altra domanda, che è forse più concreta oggi, è: chi potrà permettersi un’auto elettrica alla luce dei salari odierni?
La comunità europea ha fatto già spendere parecchie risorse alla popolazione, continuando a cambiare in pochi anni i parametri di circolazione con i famosi Euro 1,2,3 etc.
Sì, perché non ci troviamo solo davanti alla spesa di un’auto elettrica da dover sostenere, ma anche a tutti gli altri costi a cui la comunità europea ci sta mettendo di fronte come, per esempio, il rinnovamento energetico per le case.Nella loro globalità, tutti questi investimenti se li potranno permettere probabilmente in pochi.
E’ vero che l’Europa si sta muovendo per abolire in generale “il possesso” di un bene tra cui quello dell’auto. Ma d’altro canto, chi ripagherà le case automobilistiche dei costi dei nuovi impianti?
Sicuramente nei prossimi due anni riusciremo a vedere più chiaramente l’orizzonte di questa scelta. E saranno meglio giudicabili sia i pro sia i contro.
Il settore dell’automotive in un’economia più green
Sicuramente il mondo deve prendere una svolta più attenta all’ecologia e alla salute del pianeta, e sebbene per oltre cinquant’anni vi siano stati studi green interessanti e realizzabili, purtroppo questi non hanno mai visto la luce, sacrificati affinché potesse essere gestita la crescita dell’industria, il consumismo potesse entrare nella fase “controllata” in cui è oggi, nonché portare la popolazione ad avere una costante e sempre crescente necessità di lavorare nel tentativo di aumentare il proprio stato di benessere, esattamente come durante gli anni di Henry Ford.
Avremmo potuto togliere dal cassetto i progetti più promettenti, testarli e far intraprendere all’economia mondiale un percorso dove i costi potevano essere distribuiti in modo più uniforme e meno violento.
Un futuro più green nel campo dell’automotive è possibile?
Abbiamo fondamentalmente a disposizione poco tempo per rinnovare il vecchio modello industriale per costruirne uno nuovo, e tutto ciò richiede ovviamente altissimi investimenti.
Direi che nel nostro mondo, che non è quello degli anni d’oro in cui nasceva la Fiat, questa prospettiva è veramente preoccupante.
In pratica molte società decideranno di realizzare quanto stavano creando in decenni di attività, smettendo così di dare continuità alle pianificazioni pregresse, con una decisa ricaduta sull’occupazione. Altre, le poche più grandi, si troveranno a dover correre al rinnovo in tempi strettissimi.
In questo scenario dovremo competere con i paesi extraeuropei, che sono decisamente più strutturati e avanzati dei nostri. Una situazione, la nostra, purtroppo dovuta anche alle scelte della nostra politica come Stato, che ci ha portato a delocalizzare disinvestendo in settori che oggi tristemente si stanno rivelando strategici.
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