Vendere il proprio prodotto: ciò che fanno e cercano di fare tutte le aziende, spesso a qualsiasi costo.
Una delle regole che vale per le persone dal punto di vista etico è di non svendersi per raggiungere il successo. Questo perché l’individuo mette in atto degli atteggiamenti che col tempo lo portano a non riconoscersi più, con tutto quello che comporta per la salute della mente e del fisico.
Una cosa simile può avvenire anche nell’azienda quando si “svende”, ovvero quando essa adotta strategie di vendita che sono inefficaci dal principio, oppure apparentemente efficaci, o peggio ancora quando chi le applica sa benissimo quanto siano sbagliate, scorrette o nei casi peggiori addirittura illegali.
Nel nostro ambito sappiamo che la vite viene considerata un prodotto povero, nonostante il fatto che per progettarla e produrla siano impiegati sistemi di alta tecnologia. Può capitare di trovarsi davanti a persone che svendono anche questo tipo di prodotto, ma c’è di che riflettere rispetto a chi abbiamo davanti: dobbiamo cogliere dei segnali e porci delle domande.
Abbiamo a che fare con una persona competente che sa cosa c’è dietro al prodotto e sta attuando una manovra occasionale o di marketing? Oppure abbiamo a che fare con una persona che non è a conoscenza di cosa sta vendendo, di quanto vale e di qual è un corretto prezzo per avere un giusto guadagno e una corretta interazione sul mercato? Abbiamo a che fare con qualcuno che sta appunto “svendendo” e che tratterebbe il suo prodotto al pari di qualsiasi altro? Abbiamo a che fare con qualcuno che per profitto personale sta cercando di vendere qualcosa che sia il meno caro possibile per fidelizzarvi? Abbiamo a che fare con chi vi millanta una qualità che non c’è, un made in Italy non reale solo per avere un margine maggiore?
La credibilità di un’azienda da cosa si può misurare?
Anche dalla svendita si può misurare la reputazione di una società, e con essa la sua credibilità.
La parola d’ordine è: fare la cosa giusta. Ma a questo punto, cosa è giusto fare e cosa no?
Intanto, non è corretto fare i cosiddetti “furbi” come elencato in alcune delle motivazioni di svendita sopra elencate.
Ma non è neanche giusto ad esempio dire “il cliente ha sempre ragione”, questo è un dato di fatto.
Tale frase risale all’inizio del ventesimo secolo, quando in America iniziarono ad emergere i primi grandi magazzini: la concorrenza era spietata, le aziende cercavano modi furbi per differenziarsi dai rivali, e quindi fornire un eccellente servizio ai clienti divenne presto una chiave di successo adatta al periodo.
Una simile idea trasposta ad oggi rende invece un concetto irrealistico, sbagliato e potenzialmente lesivo per la salute aziendale: ovvero che la soddisfazione del cliente sia l’obiettivo primario e finale di qualsiasi attività commerciale, piuttosto che un ottimo mezzo per la vendita o, ancor più semplicemente, la conseguenza di un lavoro ben svolto.
È giusto dire sempre di sì al cliente?
Dovremmo dire quindi di sì ad ogni cliente? Assolutamente no. La soddisfazione è importante, ma quel che bisogna fare è valutare la situazione. Sappiamo quanto la clientela possa essere talvolta irragionevole ed esigente, così come sappiamo quanto a volte sia preoccupata e in difficoltà. Già la differenza tra la pretesa e la richiesta d’aiuto fa un’enorme differenza tra un sì ed un no, figuriamoci in tutti gli altri casi e per tutte le altre sfaccettature: comportamenti opportunistici, capricciosi, a volte anche offensivi… ce n’è per tutti i gusti, ma quei gusti non sono nell’interesse dell’azienda.
Come valutare la richiesta del cliente e capire se è possibile soddisfarla
In generale è importante osservare 3 regole molto semplici a fronte di una richiesta:
- cercare di comprendere il cliente e le sue motivazioni
- spiegare con trasparenza quali sono le nostre difficoltà e le motivazioni che ci portano a non volere o potere esaudire una richiesta
- offrire, se possibile, un consiglio o un’alternativa
La volontà di kilton di servire i clienti in un’ottica di lungo periodo
Assecondare le persone vuol dire dirgli ciò che vogliono sentirsi dire, ma non è la strada corretta: il più grande gesto di onestà che si possa fare verso qualcuno è dirgli come stanno le cose, anche se non sono come quella persona se le aspetta o come le vorrebbe. Certo, sul momento magari troverete comunque individui non disposti ad accettare la verità, la vostra esperienza, la conoscenza del campo, e si arrabbieranno anche davanti alla logica delle vostre motivazioni: lasciateli fare, sul lungo periodo vi daranno ragione e torneranno da voi, o alla peggio vi sarete tolti un problema e sarete più sereni. L’onestà e l’integrità pagano sempre, mentre la disonestà rischia di danneggiare da subito non solo il cliente, ma anche la reputazione dell’azienda.
La comunicazione e la capacità di ascolto riguardo questo argomento diventano, ovviamente, fondamentali. Pertanto diventa anche molto utile avere delle persone in grado di esprimersi e di analizzare adeguatamente i segnali dei clienti, di leggere tra le righe delle richieste per scovare le difficoltà e i problemi reali che ci sono alla base.
E ora chiediamo a voi: siete il tipo di persone che preferisce la bella bugia, o la brutta verità?
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