L’attenzione verso l’ambiente è un tema importantissimo negli ultimi anni, ma non si parla solo di politiche riguardo i materiali, le emissioni, il riciclo, e così via. Uno degli argomenti più complessi di cui parlare è il packaging e l’imballaggio.
Panoramica iniziale: perché è importante l’imballaggio e come incide sul prezzo?
L’imballo è essenziale per proteggere il prodotto e mantenerlo integro durante il trasporto e lo stoccaggio.
Ma quanto incide effettivamente sul prezzo finale? Dipende dalle dimensioni e dal tipo di materiale utilizzato. I più comuni sono la carta, il cartone e la plastica: i primi due si caratterizzano per un costo più contenuto rispetto all’ultima, mentre a capacità protettiva e di peso sostenuto primeggia la plastica. Non se ne fa solo una questione di costo poiché l’imballo ha anche un’incidenza sul prodotto stesso: se troppo grande o inefficace può far sì che il prodotto si danneggi durante il trasporto o lo stoccaggio, creando perdite economiche per l’azienda e frustrazione per il consumatore.
Gli imballi più piccoli sono sostenibili?
Uno dei problemi tuttavia più pressanti, soprattutto nel nostro ambito e specie in Italia, è rappresentato dal cosiddetto “shrinking” (dall’inglese shrink, che significa restringere, ridurre di dimensioni). Gli imballi più piccoli sono più facilmente smerciabili per una serie di motivi:
- la percezione di prezzo minore attira all’acquisto
- il prodotto in scatolette è più facilmente distribuibile e rivendibile
- sono più comodi e pratici da trasportare, occupando meno spazio si può abbattere il prezzo di ritiro sui corrieri, e così via.
Il problema è che come pratica non è per niente green. Le scatole, specie se di cartone o contenenti determinati prodotti, sono difficilmente riutilizzabili e spesso finiscono tra i rifiuti normali, se non addirittura in discarica dove non vengono riciclati nell’immediato e dove, nel caso, ci mettono anni a degradarsi.
Inoltre, il costo del servizio di inscatolamento non è gratuito: scatolare cento scatolette non impiega lo stesso tempo, lo stesso materiale e la stessa energia che confezionare lo stesso quantitativo in dieci scatole più grosse. Questo costo, ovviamente, verrà ripartito dal produttore sul distributore e alla lunga sul cliente finale.
Molte aziende si stanno muovendo verso soluzioni più sostenibili, come imballaggi compostabili e riciclabili che però, costando di più, ricadrebbero ancora una volta tra i costi dell’azienda.
Le soluzioni per accrescere l’utilizzo del packaging e dell’imballo sostenibile
La soluzione, sarebbe quella di attuare un’effettiva alfabetizzazione delle persone ai costi effettivi di determinati servizi, nonché alla politica del risparmio sulla grande quantità.
Per fare un esempio banale: il nostro litro di latte (che sia cartonato, in bottiglia di plastica, di vetro, intero, parzialmente scremato o scremato, di soia, fresco o a lunga conservazione) ha un determinato costo. In non pochi Stati degli USA, invece, c’è un’abitudine alla conoscenza delle proprie abitudini e tempistiche di consumo che ha portato le aziende a decidere di risparmiare sul packaging aumentandone la dimensione, e ciò ha pure permesso di ridurre il prezzo del prodotto stesso! Parlando di numeri, la media del litro di latte in Italia (l’unico formato che abbiamo) è di 1,70€, mentre in America la stessa media si aggira solo su un dollaro, pari a 0.93€ circa.
Inoltre se si compra il classico packaging a tanica dei film da due, tre o anche cinque litri, il prezzo del prodotto scende, invogliando anche la popolazione a essere ecologica perché, di fatto, risparmia!
Insomma, conoscere le proprie abitudini di consumo e ridurre le confezioni superflue dovrebbe essere la base del risparmio non solo per noi stessi, ma anche per gli altri. Adottare una mentalità nell’ottica di essere green può essere anche valida per aumentare le vendite sfruttando delle differenze di prezzo sulle grandi quantità.
Ma fondamentalmente il punto più utile: serve a sviluppare una mentalità imprenditoriale più realistica, pratica, più consona alle future generazioni e alle reali necessità di risparmio, il quale non passa dalle quantità minime e ridottissime, ma dal saper progettare sul lungo periodo l’impiego della merce che si acquisisce.
Come Kilton attua questa linea di pensiero
Noi azienda Kilton, abbiamo optato per mantenere una solida coerenza rispetto a questa linea di pensiero: la strada intrapresa ci ha portato a ridurre gradualmente la quantità di imballi e quindi il loro costo, e pertanto anche ad avere un risparmio in termini di risorse economiche, utilizzabili su altri ambiti aziendali. L’unica cosa che non è venuta a mancare è la qualità dell’imballo: ridurre e sostituire non vuol dire “far mancare del tutto”, semplicemente avere un’ottica chiara di quelli che possono essere prodotti di qualità pari ma meno impattanti sull’ambiente.
Se hai trovato interessante questa riflessione dai un occhio al nostro blog, trovi altri articoli di approfondimento su tematiche contemporanee.