Di seguito proponiamo una riflessione del titolare dell’azienda Kilton, Silvano Chiello, sulla differenza tra Buonsenso e Senso Comune nella vita di tutti i giorni e in quella lavorativa.
“Senso comune” e “buonsenso” sono due concetti totalmente diversi, anche se sembrano simili.
“Un animale con i denti appuntiti può mordere”: un’ovvietà simile è il fondamento del buonsenso che, per quanto sia un concetto ritenuto abbastanza vago, è legato a doppio filo all’esperienza sia personale che collettiva, nonché alla conoscenza pratica degli ambiti in cui viene applicata nel quotidiano.
Perché però il buonsenso è vario e non è uguale per tutti? Perché è influenzato dal giudizio, dall’esperienza e dal valore di ciascun individuo, e secondariamente è influenzato dalla capacità intellettiva, di connessione logica e apprendimento del singolo.
Il nostro sistema sociale funziona tuttavia per maggioranze, quindi più persone che abbiano “lo stesso buonsenso” creano nel giro di breve un sistema di canoni e regole condivise che contribuiscono a definire il ragionevole modo corretto di comportarsi, pensare e agire. Ma arrivati a questo punto non parliamo più di “buonsenso”, bensì di “senso comune”: questo non indica altro che la tendenza, ovvero ciò che la gente di media pensa e percepisce.
Le differenze reali tra Buonsenso e Senso Comune
Le differenze semplici e reali?
- Il buonsenso punta alla correttezza, alla verità, e a perseguire il giusto
- Il senso comune punta solo al pensiero di maggioranza spesso (purtroppo) privo di analisi, e non a caso spesso va in conflitto con la scientificità delle cose. Il primo vive con l’ottica di portare dei risultati positivi per quanta più gente possibile, il secondo no.
Perché parliamo di questa differenza tra senso comune e buonsenso? Perché anche sul posto di lavoro e nelle aziende di qualsiasi tipo possiamo trovare situazioni in cui vengono usati senso comune e buonsenso, oppure momenti in cui il buonsenso manca, o anche momenti in cui il senso comune non si accorge dei suoi errori.
Un esempio pratico della differenza tra Buonsenso e Senso Comune
Un fornitore segnala la merce pronta da ritirare ad un cliente, tramite mail e documento di trasporto in formato pdf. Chiedere a quel fornitore se quella merce sia su un bancale fa parte del senso comune, nella prospettiva di fare una presa e di dover dare dei dati ai vettori. Ma la persona che usa il buonsenso fa un passo oltre: apre il documento pdf perché sa che non è un virus e immagina che non sia un allegato a caso, legge tutti i dati autonomamente e fa la presa al suo vettore, con lo scopo ultimo di risparmiare tempo e fatica non solo a sé stesso, ma anche a chi sta dall’altra parte dell’ufficio fornitore. Anzi, ampliando il pensiero si può far risparmiare tempo pure ad uffici terzi, perché girando loro quella stessa mail con il documento non ci sarà margine di errore o di altre perdite di tempo tramite quesiti già soddisfatti. L’ottica non è più quella di “farsi dire le cose già scritte”, bensì quella dell’usare lo sforzo minimo di un paio di click e della lettura per agevolare il lavoro a sé stessi e agli altri.
Purtroppo non è una questione facile, poiché il problema che pone il buon senso è che un modo di pensare più pratico, ma comunque nuovo, incontrerà opposizione nel momento in cui entra in conflitto con i presupposti stabiliti dal senso comune. Si tratta di conflitti difficili da gestire e che possono anche concludersi con il rigetto dell’innovazione e la sanzione degli innovatori.
Il buonsenso serve per agevolarsi a vicenda, ma bisogna fare uno sforzo mentale e svilupparlo. Come? Il presupposto è la corretta visione di ciò che sta accadendo in un determinato contesto, e per fare ciò servono una serie di strumenti mentali come la capacità di analizzare e riconoscere i problemi, di identificare le soluzioni, di riflettere sulle conseguenze e sugli impatti effettivi e potenziali, e così via.
Non è sicuramente una strada per tutti, poiché si richiedono l’ascolto, la pratica, la logica e soprattutto l’umiltà.
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