“Si lavora per vivere, non si vive certo per lavorare”. Eppure sembriamo costretti a doverlo fare: i costi aumentano su tutti i fronti e gli stipendi sembrano non bastare mai. Oltretutto la popolazione globale continua ad aumentare, mentre il sistema di progresso e automazione porta ad aver sempre meno bisogno di posti di lavoro.
In questo articolo parleremo della settimana corta, ma prima facciamo un salto indietro.
Nel periodo del Covid c’è chi si è abituato a lavorare in smart working e chi ne ha solo sentito parlare: una misura troppo improvvisa e innovativa per un’Italia che non era tecnologicamente e mentalmente pronta.
Malgrado le difficoltà, il lavoro da remoto è stato una risorsa che ha concesso a tantissime aziende di poter continuare a gestire gli affari e ad altrettante famiglie di portare a casa uno stipendio non ridotto.
Negli ultimi periodi, invece, si sta sentendo parlare sempre di più di settimana corta, che pare potrebbe essere una buona soluzione per migliorare la qualità della vita dei dipendenti.
In in cosa consiste precisamente? Scopriamolo subito!
Cos’è la settimana corta?
Di per sé la “settimana corta” consiste nella riduzione del numero di ore lavorative settimanali o nel loro riequilibrio. La multinazionale Mondelez International (che controlla i marchi Oro Saiwa, Oreo, Toblerone, Milka, Fattoria Osella, Sottilette e Philadelphia) ha scelto di seguire anche in Italia la linea tracciata da Belgio, Spagna e altri Paesi europei e di avviare una sperimentazione di un anno della settimana corta.
Certo, non è la prima volta che se ne sente parlare: già nel 1994 si era proposta una simile innovazione che però non aveva trovato tempi fertili, anzi, aveva portato alcune aziende a diverse problematiche.
Che sia arrivato davvero il momento di riprovarci e di avere esiti migliori, o rischiamo di cadere negli stessi problemi?
I tempi cambiano, ma per certi versi determinate dinamiche non cambiano mai.
L’introduzione di un sistema lavorativo a settimana corta presenta sia vantaggi che svantaggi, sia per i dipendenti che per le imprese coinvolte. Analizziamoli brevemente.
I vantaggi della settimana corta
La settimana corta offre certamente dei vantaggi. Vediamo insieme quali sono:
- Coniuga lavoro e vita privata. Riducendo le ore lavorative, i dipendenti riescono a dedicare più tempo alle attività personali, alla famiglia ed al riposo. Ciò comporta anche una riduzione dello stress ed una maggiore soddisfazione personale.
- Miglioramento del rendimento. Secondo quanto emerso dai dati, un numero inferiore di ore spinge i lavoratori a diventare più efficienti e concentrati, aumentando così la loro produttività complessiva.
- Riduzione del turnover. Aumentando la fedeltà dei dipendenti verso un sistema che tiene conto del benessere dei propri dipendenti, si riduce la sostituzione della forza lavoro. L’ambiente diviene stabile, ovvero, si riducono i costi di reclutamento e formazione e attira i talenti in cerca di occupazione.
Gli svantaggi della settimana corta
Si sente spesso parlare dei vantaggi della settimana corta, ma bisogna conto anche degli svantaggi che ciò porta:
- Impatto finanziario negativo. Riducendo il numero di ore lavorative settimanali si riduce la produzione complessiva, con conseguente riduzione dei ricavi. Quindi, ne conseguono ridimensionamento dei salari, assunzione di personale, tagli in varie aree per bilanciare e ridurre i costi. Quindi, questo potrebbe essere dannoso per i dipendenti e portare tensioni all’interno dell’azienda.
- Aumento del carico di lavoro. Con meno ore a disposizione, i dipendenti potrebbero dover affrontare una maggiore pressione per completare la stessa quantità di lavoro in un periodo di tempo più breve. Ciò potrebbe generare stress e una diminuzione della qualità del lavoro svolto. Non è risolvibile con nuove assunzioni per sopperire al problema: senza agevolazioni, i costi rischiano di diventare più dei ricavi.
- Necessità di adattamento e diversità di settore. Alcune industrie, come quelle ad alta intensità di lavoro o i servizi che richiedono una presenza costante, potrebbero trovare difficile implementare con successo questo modello. Inoltre, ci potrebbero essere problemi nel coordinare gli orari di lavoro tra diverse aziende, fornitori e clienti, creando complicazioni logistiche.
- Il tempo libero è un rischio di spesa. A fronte di uno stipendio uguale o inferiore, i giorni della settimana in cui si svolgono le attività personali sono occasioni in cui spendere, in un contesto in cui i prezzi sono sempre più alti.
Settimana corta: conviene?
Mettendo a confronto pro e contro della settimana corta possiamo trarre numerose contraddizioni.
Aumenta lo stress, ma lo riduce pure?
Dipende per certo dal tipo di settore, dall’impiego lavorativo, dalla mansione specifica, dall’occupazione e dai ritmi medi, e così via. Di sicuro sotto alcuni punti di vista è una proposta allettante sia per i lavoratori che per gli impresari, ma dall’altra ci sono dei rischi che non si possono sottovalutare.
Ci chiediamo quindi: conviene davvero rischiare di commettere gli stessi errori dopo un gap di neanche 30 anni?
Un’esperienza simile c’è tuttavia già stata: già nel lontano 1994 la Volkswagen si era fatta promotrice di questo sistema, riducendo gli orari ad una settimana di quattro giorni lavorativi per uscire dalla crisi, salvo poi tornare dopo pochi anni sui suoi passi a causa dei costi aumentati e della produzione ribassata.
La scelta era tra tornare a lavorare per le 35 canoniche ore a settimana o decentrare la produzione nei paesi dell’Est europeo, con tutto ciò che ne consegue sia per i dirigenti che per i dipendenti.
“Meno la gente fa, meno farebbe” è un evergreen dei luoghi comuni, eppure uno dei più realistici in assoluto. Riusciremo a trovare una quadra tra il desiderio di lavorare di meno e vivere di più per uno stipendio più onesto?
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